Fino al 5 luglio la suggestiva Palazzina Canonica di Riva dei Sette Martiri ospita la mostra “Antropocene. La Terra messa a ferro e fuoco”.
A cura del CNR – ISMAR, la mostra festeggia il centenario del Centro Nazionale delle Ricerche e presenta ai visitatori un percorso interattivo e informativo in cui vengono analizzati l’impatto dell’uomo sulla Terra e l’accelerazione che questo ha avuto negli ultimi 70 anni.
L’Uomo, fin dalla sua comparsa, ha intrapreso un processo espansivo attraverso il quale ha messo a “ferro e fuoco” la Terra. Alla lenta colonizzazione di tutti i continenti, accompagnata dalle prime deforestazioni e dall’estinzione dei grandi mammiferi, è seguito il recente e rapidissimo aumento della popolazione che, sostenuto dallo sviluppo tecnologico e dalla globalizzazione, è culminato nella Grande Accelerazione degli ultimi 70 anni. All’origine di questo atteggiamento, c’è l’illusorio credere in una crescita esponenziale illimitata in un Pianeta che non è invece dotato di risorse infinite.
Il termine Antropocene è stato coniato all’inizio di questo millennio per indicare l’epoca attuale in cui l’Uomo è divenuto il principale agente di trasformazione del nostro pianeta, della sua morfologia, della biodiversità e del clima. Utilizzato inizialmente in modo provocatorio, il termine Antropocene si è rapidamente diffuso tra gli scienziati e, ora, si sta valutando se utilizzarlo per indicare formalmente l’epoca geologica in cui viviamo.
Nonostante l’entità e la pervasività delle trasformazioni in atto, molti degli impatti causati dall’Uomo rimangono “invisibili”. La mostra, basata su un’analisi interdisciplinare, vuole sensibilizzare il pubblico su questi impatti, non meno gravi di quelli più noti, attraverso immagini, filmati, infografiche e installazioni interattive, che stimolino la percezione sensoriale dei visitatori, che potranno ‘osservare’ e ‘sentire’ in pochi istanti fenomeni difficili da cogliere nella vita quotidiana per la scala spaziale e temporale in cui si svolgono. Noi non vediamo processi che si sviluppano su tempi più lunghi di una generazione, come la fusione delle calotte di ghiaccio polari, o in spazi remoti come i fondali marini o i deserti; né cogliamo impatti che si diffondono a scale microscopiche come le nanoplastiche nell’ambiente e … nei nostri corpi.
La mostra, i cui principali contenuti hanno anche ispirato creazioni artistiche da parte degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, si conclude in una stanza di riflessione sulla speranza: è possibile ancora “cambiare rotta”? A quali condizioni può salvarsi la nostra società globale? Quali comportamenti di produzione e consumo possono essere scardinati? Il pubblico potrà attivamente intervenire con commenti, brevi composizioni e suggerimenti che saranno riverberati sui social alimentando l’interesse e la partecipazione al tema. Sta a noi, ancora nell’invisibile per sua definizione, la scelta di poter costruire un presente che sia un dono per le generazioni future.
Dalla pagina ufficiale di presentazione della mostra
Attraverso le diverse installazioni interattive che mixano sapientemente arte e scienza si viene portati a riflettere sull’esigenza di prendersi tutti carico del nostro Pianeta.
L’occasione consente anche di accedere a un luogo normalmente chiuso al pubblico.
















Visita consigliatissima!