So già che sarà l’ennesimo successo, la Casa dei Tre Oci è un’assoluta garanzia.
Aperta il 4 marzo, durerà fino al 12 giugno 2020 la mostra dedicata a Jacques Henri Lartigue “L’invenzione della felicità. Fotografie“.
Lartigue fece ciò che nessun fotografo aveva fatto prima
Richard Avedon
e che nessuno fece dopo: fotografare la propria vita.
L’invenzione della felicità è la più ampia retrospettiva mai realizzata in Italia, dedicata al fotografo francese Jacques Henri Lartigue (1894-1986), curata da Marion Perceval e Charles-Antoine Revol, rispettivamente direttrice e project manager della Donation Jacques Henri Lartigue, e da Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci.
120 gli scatti esposti, di cui ben 55 inediti, e tutti provenienti dagli album
fotografici personali di Lartigue.
A questi si aggiungono alcuni materiali d’archivio, libri quali il Diary of a Century (pubblicato con il titolo “Instants de ma vie” in francese), riviste dell’epoca, un diaporama con le pagine degli album, tre stereoscopie con immagini che rappresentano paesaggi innevati ed eleganti scenari parigini.
Questi documenti ripercorrono la sua carriera, dagli esordi dei primi anni del ‘900 (inizia a scattare a 7 anni) fino agli anni ‘80.
… la filosofia che poi caratterizzerà tutta la sua vita: il culto della felicità, la ricerca di un idillio che non possa essere turbato da traumi profondi. Tale ideale, che si rispecchia a pieno con il periodo della Belle Époque, viene rappresentato dalle fotografie di serate mondane e eleganti dame a passeggio al Bois de Boulogne, che lo interessano fin da giovane.
Dalla biografia dell’Artista presente nel Comunicato stampa ufficiale
“L’invenzione della felicità” si articola intorno ai grandi momenti di riscoperta dell’opera di Lartigue, a cominciare dalla rassegna del 1963 al MoMA, durante la quale sono presentati i suoi primi scatti precedenti la Prima Guerra Mondiale, e che fanno di lui l’enfant prodige della fotografia.
“La ‘parte di mondo’ di Lartigue è quella di una Parigi ricca e borghese del nouveau siècle, e anche quando l’Europa verrà attraversata dagli orrori delle due guerre mondiali, Lartigue continuerà a preservare
Denis Curti nel Catalogo della mostra
la purezza del suo microcosmo fotografico, continuando a fissare sulla pellicola solo ciò che vuole ricordare, conservare. Fermare il tempo, salvare l’attimo dal suo inevitabile passaggio. La fotografia diventa per Lartigue il mezzo per riesumare la vita, per rivivere i momenti felici, ancora e ancora”.
Sette le sezioni che compongono la mostra:
La Belle époque
Quando viaggia negli Stati Uniti, Jacques Henri Lartigue mostra le sue fotografie a Charles Rado dell’agenzia Rapho a New York. Questi le sottopone a John Szarkowski, allora giovane conservatore del Museum of Modern Art, che gli propone subito di esporle: nel 1963 Lartigue ha già quasi 70 anni. All’epoca è più conosciuto come pittore, che solo di tanto in tanto pubblica fotografie: il curatore del MoMA lo presenta come il “padre” di Henri Cartier-Bresson e dell’“istante decisivo”. La sua scelta si concentra su fotografie della Belle époque, lasciando pensare che poi Lartigue si fosse fermato: in realtà l’artista comincia a fotografare a 8-10 anni e continua per tutta la vita. Circondato sin da piccolo da fotografi amatoriali (in particolare il padre e Victor Folletête, segretario di quest’ultimo), Jacques Henri Lartigue si ispira al suo ambiente visivo, delle pubblicazioni dei giornali e delle riviste illustrate. I suoi soggetti preferiti sono altrettanti motivi ricorrenti che gli permettono di padroneggiare al contempo la tecnica e la sua rappresentazione.Stereo-autocromie
Tra il 1912 e il 1928 Jacques Henri Lartigue si dedica alle stereo-autocromie, di cui ne sono conservati 86 esempi. Il formato stereoscopico gli permette di aggiungere al colore l’effetto di tridimensionalità che rende l’immagine ancor più reale. Tuttavia, a causa del lungo tempo di posa, dato che la proiezione non gli permette il lavoro di inquadratura, deve elaborare in modo preciso le sue immagini: questa pratica trasformerà nel lungo termine il suo lavoro, spingendolo a comporre i suoi scatti con cura.Anni ’20 e ’30
Qualche anno dopo la mostra di New York, Lartigue incontra Richard Avedon e Hiro, entrambi fotografi di moda particolarmente influenti.
Nella seconda metà degli anni sessanta Avedon gli propone di rovistare tra le sue fotografie per creare un “diario” fotografico. Gli chiede di riscrivere il diario e di realizzare nuovi scatti su soggetti molto precisi: la scelta delle fotografie, effettuata da Avedon e Bea Feitler, vuole mostrare opere della Belle époque ma anche e soprattutto quelle degli anni venti e trenta, oltre che alcuni scatti più moderni. Sono 129 i suoi album personali e cronologici, ricomposti a partire dagli anni settanta e impaginati da lui stesso, nei quali il fotografo collega le fotografie e i testi alle didascalie. Un’occasione per riscrivere la sua vita.
Gli anni 1920-1930 sono quelli dell’affermazione visiva di Lartigue. La pratica dell’autochrome, la sua formazione come pittore, l’ispirazione tratta da immagini pubblicate su giornali illustrati trasformarono la sua pratica fotografica, che divenne più riflessiva. Queste immagini, riscoperte in seguito al lavoro di Richard Avedon e Bea Feitler sull’opera di Lartigue, mostrano opere composte, che uniscono la sua vita e la sua pratica fotografica, giocando sempre con schemi ricorrenti ma lontani dai canoni estetici dell’istantanea precedente al primo conflitto mondiale. Distribuite ampiamente negli anni ’70 e ’80, le fotografie di questi due decenni di creazione sono probabilmente diventate le più famose nella carriera dell’artista.Prime pubblicazioni
Negli anni venti e trenta Jacques Henri Lartigue è soprattutto pittore. Espone nei Salons parigini ottenendo un certo riconoscimento.
Nello stesso periodo tenta di far conoscere anche le sue fotografie su giornali illustrati e riviste. Le sue primissime immagini vengono pubblicate quando è ancora molto giovane su «La vie en plein-air», insieme ad alcune immagini di fotografi dilettanti, ma il suo
percorso successivo è orientato alla ricerca del riconoscimento professionale.Anni ’40 e ’60
Tutte le immagini presentate nella sezione seguente sono state pubblicate in numerose riviste e giornali.
Tre fatti importanti accelerano la diffusione delle fotografie di Lartigue, l’utilizzo delle sue opere da parte della stampa cattolica a partire dai primi anni cinquanta, l’incontro con Albert Plecy, direttore della sezione di fotografia della rivista «Point de vue. Images du Monde», e infine la diffusione attraverso l’agenzia Rapho.
Le sue immagini saranno utilizzate come illustrazioni da alcune riviste per tutta la durata degli anni cinquanta. Il ruolo di Albert Plecy è essenziale per il riconoscimento di Lartigue come fotografo professionista. Gli verranno commissionati vari reportage e, soprattutto, nella sua rubrica Le salon de la photographie verranno pubblicate regolarmente le sue immagini.Anni ’60 e ’80
Mentre diventa famoso per le sue fotografie della Belle époque, Lartigue realizza nuovi eleganti scatti, simili a quelli di inizio secolo, con la differenza che qui le protagoniste sono modelle e messinscene.
Nello stesso periodo iniziano le riprese del primo documentario su di lui, Le Magicien. Il film non è mai stato distribuito e questi scatti saranno successivamente pubblicati dalla stampa. Negli anni sessanta e ottanta è ispirato ancora dai suoi vecchi lavori e ritorna a fotografare i suoi soggetti preferiti come i salti, le onde e le signore eleganti.Anni ’70 e ’80
Dal materiale stampa
La pubblicazione di Diary of a Century nel 1970 suggella il suo riconoscimento mondiale. All’inizio degli anni settanta, Lartigue viene invitato ai Rencontres d’Arles: un’occasione che gli permette di creare legami con giovani fotografi, e diventa a tutti gli effetti un punto di riferimento, e poi finalmente un soggetto fotografico a pieno titolo: il fotografo fotografato. Dalle prime fotografie di signore eleganti fino agli anni sessanta, quando gli incarichi per la moda si moltiplicano, passando per gli anni trenta, i rapporti di Lartigue con la moda sono sempre stati forti. I legami tra i coniugi Lartigue e Carven, in particolare, saranno così stretti che a partire dal 1946 il fotografo realizza per la stilista illustrazioni e scatti. Lartigue non ha mai smesso di frequentare il mondo del cinema, la sua fama gli offre la possibilità di assistere a numerose riprese come fotografo di set. Nonostante il moltiplicarsi delle commissioni, in particolare per la moda e il mondo dello spettacolo, Jacques Henri Lartigue continua a fotografare il suo ambiente e a guardare il mondo con il suo occhio malizioso, senza mai dimenticare l’importanza della composizione delle immagini nel suo lavoro.
Ampio spazio viene inoltre lasciato alle memorie che il fotografo scrisse negli anni ‘60 e ‘70 durante la ricomposizione dei suoi album.
In mostra anche il video originale non restaurato realizzato dalla fotografa italiana Elisabetta Catalano nel 1982, “Bonjour Monsieur Lartigue”, che prende il nome dalla prima mostra organizzata dalla Donation Lartigue al Grand Palais di Parigi nel 1980.

Come usuale, anche per questa mostra le Sale De Maria della Casa dei Tre Oci ospiteranno un’altra temporanea, visitabile dal 4 marzo al 26 aprile 2020.
Sarà la personale di Daniele Duca “Da Vicino” ad animare queste suggestive stanze con le sue nature morte contemporanee create fotografando oggetti quotidiani estrapolati dal loro contesto.
La rassegna è organizzata da Civita Tre Venezie e promossa da Fondazione di Venezia, in stretta collaborazione con la Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi, con il patrocinio del Ministero della Cultura francese.
Come raggiungere la Casa dei Tre Oci
Si arriva alle Fondamenta delle Zitelle, 43 scendendo alla fermata Zitelle.
Dalla Stazione S. Lucia si possono prendere le linee 4.1 e 2
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