Sabato 6 ottobre sono stata alla Casa dei Tre Oci a vedere la mostra dedicata a Willy Ronis (ne avevo già scritto qui).
Avevo aspettative alte, pur non conoscendo bene l’opera del fotografo (tranne le sue foto-simbolo), aspettative che sono state ben più che superate da un’esposizione davvero straordinaria.
La mostra, a cura di Matthieu Rivallin, comprende 120 fotografie, provini e altro materiale del fotografo parigino.
Seguendo il consiglio dell’addetta di biglietteria ho iniziato il percorso di visita, in modo controintuitivo, dal secondo piano, guardando prima il breve documentario in cui il Direttore Artistico della Casa dei Tre Oci, Denis Curti, illustra la vita, lo stile e le opere di Ronis. Interessante anche l’intervista a Gianni Berengo Gardin, che del fotografo francese è stato amico. Se Berengo Gardin ha fatto scoprire Venezia a Ronis, Ronis da parte sua ha ricambiato su Parigi.
La visione del documentario ha indubbiamente aiutato a meglio contestualizzare le opere esposte, comunque sempre ben accompagnate da ottime didascalie, spesso contenenti citazioni dello stesso fotografo.
I visitatori più giovani non faticheranno a trovare negli scatti di Ronis qualcosa di familiare: il suo stile è infatti quello della street photography, di cui è stato pioniere.
Come afferma Denis Curti, Ronis è un protagonista della fotografia umanista francese che trasforma in poesia quelli che accade in secondo piano in città. Le sue sono fotografie fatte di attese, in attesa del compimento dell’inquadratura.
Quanto è diverso dal nostro scattare quotidiano, fatto quasi di urgenza, di paura che scappi un qualcosa.
Questo suo approccio è anche ben evidenziato da alcune citazioni del fotografo riportate nelle sale espositive.
Soprattutto, e molto prima di essere un bravo fotografo, si tratta di avere fiuto e riflessi. Il fiuto per percepire quello che si sta preparando, i riflessi per scattare all’improvviso.
[Willy Ronis, “La seconde dé verité]
Cammino in qualche punto della città. Ho trovato il mio posto e non lo lascerò più, perché sento che proprio qui potrebbe accadere qualcosa.
[Willy Ronis, “Derrière l’objectif”]
Tutta l’attenzione è concentrata sul momento unico, quasi troppo bello per essere vero, che può soltanto svanire nell’istante successivo e che provoca un’emozione impossibile da ottenere con gli artifici di una messa in scena.
[Willy Ronis, giugno 1956]
Quello che però a mio avviso caratterizza maggiormente l’interpretazione che Ronis dà alla street photography è la poesia che vi fa trasparire.
Se infatti molti degli scatti degli street photographer contemporanei sembrano voler intrappolare un istante spesso senz’anima, o tirandolo faticosamente fuori dagli infiniti scatti possibili, quasi a tentare di cogliere l’unico anelito di diversità, le foto di Ronis riescono a trasmettere un senso di unicità e di calore.
Una parte importante della mostra è dedicata alle foto scattate a Venezia.
Divertente l’autoritratto del 1981, composto fotografando uno specchio appeso fuori da un negozio di un tappezziere.
Con i suoi scatti rappresenta una Venezia quotidiana, fotografando la normalità del vivere in una città che di normale non ha nulla.
Il mio maestro è Brueghel, ma anche Bach per la costruzione e il contrappunto… sì, sono loro i miei maestri, più degli altri fotografi
[Willy Ronis, intervista su “Voyons voir”]
Altre due sezioni straordinarie sono quelle dedicate ai nudi – delicati e rispettosi di una femminilità realistica e reale – e alla fotografia industriale.
Questa seconda mi ha particolarmente affascinato, essendo una mia passione.
Se però io interpreto la foto industriale come esaltazione del bello della meccanica e della creatività umana, Ronis estrae dai contesti produttivi l’essenza di chi vi opera. Rimane quindi una fotografia “umana“, almeno per come è stata presentata dalle scelte del curatore dell’esposizione.
Non esiste un genere minore. La fotografia industriale si rivela una categoria fortemente segnata quanto le altre dalla personalità e dall’abilità creativa di chi la pratica
[Willy Ronis, “Photorama”, gennaio 1958]
Nelle didascalie delle foto di questa sezione emerge bene il lavoro svolto su commissione per alcune grandi Aziende francesi, e a volte anche il disappunto nel vedersi alcune foto rifiutate dal committente. La splendida fotografia “La fucina della Renault”, magnifica in un contesto artistico, non rispondeva alle esigenze comunicative del cliente e vi è stata preferita una foto da lui ritenuta più “banale”.
Insomma, se amate la fotografia e avete in programma una visita a Venezia entro il 6 gennaio 2019, vi consiglio di cuore di non perdervi questa mostra.
Come raggiungere la Casa dei Tre Oci
Dalla Stazione Santa Lucia si arriva comodamente con il 4.1 o con il 2, scendendo alla fermata Zitelle.
Qui sotto: un’immagine-bonus, scattata da me fuori dalla Casa dei Tre Oci. Anche i gabbiani rimangono stupiti dalla bellezza della Laguna