Venice Project Center: un’infinità di dati e informazioni su Venezia

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Siete pronti a stupirvi? Ma per davvero, eh!

Quando ho scoperto il Venice Project Center quasi non volevo crederci! Una quantità incredibile di dati su Venezia, raccolti e strutturati nell’ambito di progetti universitari del Worchester Polytechnic Institute, assegnati ogni anno a gruppi di studenti da un professore universitario di origini italiane.

Every year since 1988, WPI students have carried out relevant projects, in order to solve issues and problems of the city of Venice with a scientific and technological approach. In 30 years of activity, the projects have covered a wide range of topics, from conservation of cultural heritage to in-depth analysis of the hydrogeological data of the lagoon. Many of these projects have inspired and started the creation of some Venetian start-ups.

[Dal sito del Progetto]

Nel corso degli anni è così stata raccolta una quantità infinita di dati e di informazioni su Venezia, tutti consultabili on-line e (quasi sempre) con modalità di interrogazione accessibili a tutti.

Ho già accennato in un post precedente alla mia passione per i dati e per i numeri. Ecco, immaginatevi ora come posso essermi sentita di fronte a questo patrimonio d’informazioni di cui ignoravo l’esistenza.

Eppure il progetto del WPI ha 30 anni di vita ed è stato avviato dal Professor Fabio Carrera, di cui si può leggere un’intervista del 2003.

Vedere che ogni anno gruppi di studenti del Worchester Polytechnic Institute si appassionano a Venezia, dedicandole il loro tempo e mettendo in pratica le loro conoscenze per dotare tutti di informazioni sempre più dettagliate mi rende orgogliosa fino alla commozione.

Qui la lista dei progetti e la lista degli open data (a ognuno sono dedicati una breve descrizione e il link agli esiti, molto spesso consultabili in modo interattivo)

Alcuni esempi:

ma lascio a ognuno di voi la consultazione e la ricerca degli studi di maggior interesse…

Vorrei però evidenziare alcuni passaggi dell’intervista al Prof. Carrera della Nuova di Venezia:

«Abbiamo elaborato metodi ricerca e sviluppato soluzioni tecnologiche per mettere insieme le informazioni e facilitarne l’accesso e l’utilizzo in modo che possano essere di supporto alle decisioni per la città specie sugli aspetti del territorio che cambiano molto lentamente e che quindi si prestano ad esser ecensiti».

Qualche esempio? «Per lo studio sui canali abbiamo fatto un lavoro da certosini: abbiamo studiatole correnti, la biologia, abbiamo fatto un catalogo di tutte le fognature, le foto, i danni alle sponde provocati dal moto ondoso con tanto di foto. Abbiamo tutto su computer usando il Geographic Information System in maniera che sia consultabile. Insomma un lavoro che si è rivelato utilissimo per molti enti e fondamentale per molti lavori di manutenzione».

Chi fa questi lavori? «I “certosini” sono soprattutto studenti: a centinaia vengono qui d’estate dalla fine degli anni Ottanta a fare le ricerche…

 

Che cosa fate con queste informazioni? «Le mettiamo a disposizione e in parte cerchiamo di sperimentarne l’efficacia».

Ma lei pensa che Venezia sia afflitta da problemi più difficili da risolvere rispetto a quelli di altre città? «Direi di no. La città fisica ha problemi grandi ma non più complicati di altre…». 

Ma di particolare attualità, nonostante risalga a 15 anni fa, la riflessione sul turismo e sull’importanza di valorizzare il patrimonio intellettuale:

E la città «dinamica»? «Venezia deve trovare un’alternativa alla monocultura turistica, che distorce tutto e rende difficile qualsiasi altra prospettiva. Si parla di città dell’immateriale, ma non vedo che cosa si faccia per realizzarla o per attrarre qui queste attività. Chi come me si occupa di scienza e conoscenza non ha incentivi da parte del Comune per crescere e diventare una realtà economica che produca qui nuovi posti di lavoro. E’ paradossale che con gli studenti americani siamo riusciti a fare qui, usando giugno e luglio, molti lavori. Le università veneziane, con migliaia di studenti, sono una risorsa che la città deve imparare ad usare. Solo così si potrà veramente fare tesoro del patrimonio intellettuale che Venezia ha la fortuna di continuare ad attrarre da ogni parte del mondo e legare il nome della città anche alla tecnologia oltre che al turismo».

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